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Adriano Olivetti: una testimonianza sempre viva

di Fabio Rossi*

«Milioni di italiani attendono con ansia crescente un rinnovamento materiale e morale. Sebbene questo possa dirsi in cammino per i vari segni che le forze dei giovani ci indicano, riempendoci di speranza, esso trova innanzi a sé forze negative di cui conosciamo ormai fin troppo bene la struttura cancerosa, la volontà testarda, la natura corrotta»[1].

Queste considerazioni, così dirette, animose e per certi versi dure, potrebbero serenamente ascriversi ad un qualsiasi premier europeo o extraeuropeo attuale, in un periodo della storia umana nel quale – a causa  della pandemia Covid-19 –  le certezze su cui fin qui si è basata la struttura globale del mondo  si sono rapidamente sgretolate, mentre interrogativi e urgenze fin ora occultate si sono fatte quanto mai pressanti e manifeste.

In verità queste sono le parole con cui si apre Il cammino della Comunità, uno degli scritti più ispirati di quella che può ben definirsi una delle figure più singolari della storia italiana: Adriano Olivetti.

Adriano Olivetti, di cui l’11 aprile ricorrono i 120 anni dalla nascita, rappresenta un unicum nel panorama imprenditoriale italiano ma forse anche mondiale, un raro caso di felice sintesi di imprenditore, intellettuale, politico e innovatore; i suoi successi in campo imprenditoriale infatti per quanto grandi rischiano, per certi versi , di essere oscurati rispetto allo sviluppo di un pensiero etico, sociale e politico che non solo è risultato inedito allora, nell’Italia del dopoguerra e della ricostruzione, ma che anzi  ancora oggi conserva tutta la sua contemporaneità e, per molti aspetti, la sua applicabilità concreta.

Quella di Olivetti è infatti una parabola che parte dall’impresa, ancor meglio dalla fabbrica, ma che finisce per allargare lo sguardo all’intero mondo del lavoro, ai rapporti tra datori di lavoro e lavoratori, fino ad abbracciare l’intera società; dopo una giovinezza che attraversa il drammatico ventennio fascista e la tragedia del secondo conflitto mondiale e che assiste alle prime disillusioni politiche dell’Italia della ricostruzione, Olivetti propone un’idea di comunità che è sintesi di lavoro, arte, cultura, pensiero ma che soprattutto è orientata allo sviluppo della persona, nella sua duplice natura di soggetto con sogni e aspirazioni, ma anche membro attivo di una comunità, all’interno della quale si intrecciano relazioni, dinamiche e rapporti, tutti tesi allo sviluppo di un bene comune.

Quando nel 1945 pubblica L’ordine politico delle comunità, Adriano Olivetti ha già iniziato a sperimentare nei suoi stabilimenti nuove forme di organizzazione del lavoro, proponendo un modello di fabbrica davvero innovativo nel mondo: biblioteche, dibattiti, eventi culturali, tutte iniziative che di fatto trasformano la fabbrica, la percezione stessa del tempo e del luogo dedicati al lavoro ma anche del datore di lavoro da parte dei dipendenti.

Quando, a partire dal 1949, Olivetti inizia a strutturare le prime comunità nel territorio a lui caro del Canavese, quello a cui il mondo politico e imprenditoriale italiano di allora assiste è una vera e propria rivoluzione: trasformazione e riduzione dell’orario di lavoro, crescita del livello occupazionale ma anche realizzazione di una nuova edilizia che sposa insieme i criteri estetici dell’architettura e le necessità di una comunità che vuole ritrovare il senso di un vivere comune, fatto non solo di lavoro, ma anche di incontro e relazione, di cultura, di formazione, di elevazione dello spirito umano.

Le vittorie imprenditoriali crescono di pari passo con le conquiste sociali, proprio perché nelle intenzioni di Olivetti non c’è semplicemente un disegno e una strategia manageriali, piuttosto una visione sociale.

Classificare, definire la posizione di Adriano Olivetti non è certo operazione semplice, e forse neanche così importante: già durante la sua vita, il mondo politico italiano si dibatteva in un prima, sterile dicotomia tra spinte di natura capitalistica e pensiero di stampo comunista. In un’Italia, martoriata dalla seconda guerra mondiale, che deve affrontare gravi problemi di crisi economica, sociale, del lavoro, Olivetti non intende lasciarsi trascinare in questa inutile polemica, ma comprende invece che lo sguardo va posto in un ‘altra direzione:

«La nostra speranza consiste in una vita in cui la lotta non sia per il denaro e per il potere, ma in uno sforzo per il bene della Comunità, per la vita e l’affermazione dei suoi figli migliori, nella costruzione di una autentica civiltà. E ciascun uomo saprà di essere parte di un corpo più grande di lui»[2].

Di fronte a chi prima di ogni cosa proponeva formule e ricette per risollevare l’economia italiana e chi invece sembrava chiudersi in un atteggiamento puramente teorico in nome di una visione politica astratta, Olivetti guarda prima di tutto allo spirito dell’uomo, ed in questo senso la conversione al cattolicesimo avvenuta nel 1949 fornisce un ulteriore fondamento al suo pensiero; non stupisce pertanto che accanto a considerazioni più prettamente politiche, economiche e sociali, Adriano Olivetti introduca pensieri scomodi, delineando una visione che certo sarà apparsa di difficile comprensione non solo al politico di turno ma anche qualche uomo di Chiesa, al credente:

« (…) nella nostra visione il problema centrale della politica consiste nel creare uno speciale rapporto tra la società e lo Stato, rapporto che tenga conto e sviluppi le forze e le forme dello spirito. Quando l’azione politica cristiana è legata solo apparentemente alle forme spirituali e non si risolve in un corpo organizzato, in una Comunità concreta, nel suo ordinamento che si svolge in ordini spirituali, a nulla valgono gli sforzi isolati degli uomini di buona volontà. Noi tutti crediamo (…) che la soluzione alla presente crisi politica e sociale del mondo occidentale consista nel dare alle forze spirituali la possibilità  di sviluppare il loro genio creativo» [3].

Non ha paura  di parlare di spirito Adriano Olivetti, tantomeno di  utilizzare termini come Verità, Bellezza, Giustizia e soprattutto Amore; non teme, soprattutto, di citare nei suoi scritti i vangeli. E a chi, obiezione fin troppo facile, critica il suo pensiero e la sua visione di poca praticità, Adriano Olivetti risponde, per così dire, sul campo, con la realizzazione di quelle Comunità nel territorio, che non a a caso lui stesso definì concrete, ma soprattutto con la teorizzazione di una nuova organizzazione amministrativa e politica per l’Italia,  sapientemente elaborata e descritta nella sua opera forse più complessa, L’ordine politico delle comunità

Colpisce la assoluta contemporaneità dei suoi pensieri, la sua prospettiva e il suo sguardo sempre rivolto al cuore dell’uomo, al suo spirito, alle sue urgenti necessità ma anche alle sue aspirazioni, ai suoi sogni. In un discorso tenuto nel 1955 ai lavoratori in occasione delle festività natalizie così si esprimeva: «Siete voi lavoratori delle fabbriche e dei campi, ingegneri e architetti che, dando vita al mondo moderno, al mondo del lavoro e dell’uomo e della sua città plasmate nella viva realtà gli ideali che ognuno porta nel cuore: armonia, ordine , bellezza, pace; essi bruciano in una fiamma che ci è stata consegnata e che conviene a noi come servitori di Dio alimentare e proteggere. I più umili, i più innocenti, i migliori sanno nel loro presentimento che dal loro sacrificio di oggi, illuminati dalla grazia di Dio, potrà nascere finalmente qualcosa di nuovo e di grande, che le speranze dei nostri figli non andranno deluse, che il seme non fu buttato su un’arida roccia»[4].

Non si parla di proprietà, di possesso, di lotta di classe: le parole che Adriano Olivetti non si stanca mai di utilizzare sono altre; consapevole del tempo limitato concesso ad ogni uomo, egli preferisce parlare di “servire”, di “gestire”, di “costruire”, perché ciò che viene dato in consegna andrà sapientemente tutelato, conservato e un giorno tramandato. 

Prima ancora di un’innovazione industriale, di una visione politica, quella di Adriano Olivetti è una lezione ed una testimonianza etica e spirituale, e proprio per questo assolutamente viva e fertile.

Bibliografia

Per approfondire rimandiamo alle seguenti opere di Adriano Olivetti, tutte ripubblicate dalle Edizioni di Comunità: Il mondo che nasce, 2013; Il cammino della Comunità, 2013; L’ordine politico delle Comunità, 2014. Un profilo di Adriano Olivetti è tracciato da  Berta, Giuseppe. Le idee al potere. Roma: Edizioni di Comunità, 2015.

* Fabio Rossi, LM in Giurisprudenza, Specializzazione in Economia e gestione aziendale (LUISS School of Management), Master in Etica pubblica (Pontificia Università Gregoriana). Impegnato nel sociale, è Educatore in Convitto Nazionale.


[1] L’ordine politico delle comunità: 27.

[2] Ivi: 36.

[3] Il mondo che nasce: 39.

[4] Ivi: 86.

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