Cattedra ecumenica
Chiese sorelle, ancor più di prima
di Michele Zanzucchi
Tre personaggi eminenti dell’ecumenismo del XX secolo – il Papa Paolo VI, il Patriarca Athenagoras e Chiara Lubich – raccontano ancor oggi che la profezia di unità da loro espressa porta le Chiese a mantenersi in una comunione sempre più attuale
Dal Simposio organizzato dalla “Cattedra ecumenica internazionale Patriarca Athenagoras-Chiara Lubich” dal titolo “Papa Paolo VI, Patriarca Athenagoras, Chiara Lubich: profezia di unità tra le Chiese sorelle”, che si è svolto a Loppiano (Figline e Incisa Valdarno, Firenze) gli scorsi 25 e 26 maggio, è emersa una parola di speranza nell’accidentato percorso ecumenico di questi ultimi decenni.
La Cattedra, lo ricordiamo, è stata istituita in sinergia con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli a cinquant’anni dal primo incontro tra il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Athenagoras e la Fondatrice del Movimento dei Focolari Chiara Lubich, avvenuto il 13 giugno 1967. Gli attuali co-titolari della Cattedra sono Sua Eminenza il Metropolita Maximos Vgenopoulos e il Prof. Mons. Piero Coda. La missione della Cattedra – che è stata fondata con il contributo determinante del compianto Metropolita Gennadios Zervos, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e Malta − è quella di focalizzare il significato teologico, studiare le tappe storiche e sviscerare le implicazioni esistenziali, culturali e sociali del cammino ecumenico verso la piena e visibile unità della Chiesa attraverso il mutuo scambio delle ricchezze spirituali, liturgiche, teologiche, culturali e artistiche della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa.
Prof. Coda, un breve bilancio del simposio.
La terza edizione delle sessioni di studio della Cattedra, grazie alla modalità mista, online e dal vivo, ha ottenuto un ottimo successo: abbiamo contato più di 1.000 visualizzazioni. Ma, soprattutto, è stata un’edizione speciale perché, dopo la morte del Metropolita Gennadios Zervos, che vedeva in essa il luogo propizio dove rilanciare l’esperienza profetica del Patriarca Athenagoras, di Papa Paolo VI e di Chiara Lubich, si è voluto mettere a fuoco l’insegnamento ecumenico, ricco di conseguenze teologiche, che scaturisce da tale testimonianza. Abbiamo potuto assistere così a un evento della comunione in cui – come si legge nel libro del Siracide – “si è risvegliata questa profezia fatta nel nome del Signore”. Tre giganti dell’ecumenismo, oggi ancora attualissimi, soprattutto per il metodo dell’incontro da loro attuato: quello di arrivare alla piena unità nella reciproca accoglienza, costruendo nell’amore reciproco quello spazio condiviso in cui il Signore illumina i cuori come sulla via di Emmaus. Ciò permette di percepire quanto ancora ci divide senza arrendersi, ma – per così dire − bruciandolo nel fuoco dell’amore. I calorosi saluti del Patriarca Bartolomeo, del nuovo Metropolita d’Italia Polycarpos e della Presidente dell’Opera di Maria Margaret Karram, la presenza costante del Metropolita Maximos Vgenopoulos, co-titolare della Cattedra, i contributi di giovani teologi ortodossi come i Professori Augustinos Bairactaris di Creta e Dimitrios Keramidas di Roma, insieme a quelli del Presidente dell’Istituto Paolo VI Don Angelo Maffeis e della Dott.ssa Sandra Ferreira del Centro Uno dei Focolari, gli auguri di Don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, a nome della CEI, la vivace dinamica vissuta tra tutti i presenti ha mostrato come sia possibile riagganciare la profezia dei questi tre grandi “visionari” dell’unità per raggiungere l’ obiettivo centrale del cammino ecumenico con lo stesso metodo da loro vissuto.
L’espressione “Chiese sorelle” fa storcere il naso a più di qualcuno…
Nel Simposio si è riscontrata invece concordanza piena nel rilanciare quest’espressione, usata sia da Paolo VI, sia da Athenagoras, per raccontare i rapporti privilegiati d’amore tra Roma e Costantinopoli. Ciò non vuol dire mettere tra parentesi l’ecclesiologia di comunione tra le Chiese locali nell’unica Chiesa, ma riconoscere quelle “famiglie di comunità ecclesiali” che sono appunto la Chiesa romano-cattolica e le Chiese ortodosse bizantine, che hanno tradizioni e stili assai diversi, ma che sono chiamate a stimarsi ed amarsi nella pari dignità secondo la logica evangelica – come si è detto – di una “comunione delle comunioni”. Appare perciò ancora del tutto valida una tale espressione per dar conto del cammino per giungere alla piena comunione avviato tra i due polmoni dell’unica Chiesa, le Chiese sorelle d’Occidente e d’Oriente, e per guardare ai possibili assetti futuri in fedeltà al Vangelo e alla Tradizione ecclesiale.
A che cosa serve allora questa cattedra nell’oggi dell’ecumenismo?
Serve a rilanciare la grande profezia dello storico incontro tra Athenagoras e Chiara Lubich, mostrando come l’Istituto Universitario Sophia sia un luogo privilegiato dove i frutti dell’unità sin qui raggiunti sono apprezzati e trafficati come preziosa eredità. Eredità che va rilanciata attraverso lo studio ma anche attraverso un dialogo in atto nella luce dell’amore reciproco che accoglie la presenza di Gesù e del suo Spirito tra i discepoli. È un prezioso insegnamento, questo, per il presente all’ecumenismo: quando si è passati dal “dialogo nella carità” inaugurato da Paolo VI e dal Patriarca Athenagoras, in sintonia col Vaticano II, al “dialogo della verità”, avviato sin da 1980 da Giovanni Paolo II e dal Patriarca Ecumenico Dimitrios con l’istituzione della Commissione Teologica Mista. La Commissione ha fatto un lavoro straordinario in questi 40 anni, come si è mostrato nel Simposio, che può essere appieno valorizzato ed evoluto quando queste due forme di dialogo sono intimamente congiunte. Occorre tener viva e sviluppare una intelligenza metodologica che permetta di sperimentare in atto come l’amore reciproco è strumento privilegiato anche per dirimere le divergenze teologiche: questo è il contributo specifico di Sophia. Questa volta ho costatato che ciò non è un più pio desiderio, ma una piattaforma praticabile di dialogo che trova consenso e può essere sviluppata e applicata.