Mentre le piazze in tanti Paesi del mondo s’infiammano, mentre impazza la guerra commerciale tra Usa e Cina, mentre la guerra non cessa di mietere vittime innocenti, non ci si può ritirare nel caldo della propria dimora. Il telefonino, che continuiamo a consultare anche nella tranquillità della nostra stanza, ci porta fatalmente al mondo “fuori di casa” che ci avvolge, e spesso e volentieri ci fa paura.
I 60 giovani studenti e professionisti che si sono ritrovati a Trento dal 29 novembre al 1 dicembre 2019 per “Humanity 4.0. Verso le comunità del futuro”, riuniti da NetOne (associazione internazionale di comunicatori e informatori) e dall’Istituto Universitario Sophia, con la Fondazione per Sophia e con il sostegno della Provincia Autonoma di Trento, sono tra coloro che non vogliono fare gli struzzi e celare il capo nella sabbia. E si sono interrogati sul futuro digitale, in alcuni dei suoi molteplici aspetti: la pervasività degli strumenti digitali nelle nostre vite; la complessità della civiltà dell’immagine resa possibile dalla rivoluzione digitale; l’urgentissima necessità di arrivare ad una nuova governance della Rete e di un mondo digitale che, nel suo complesso, sta spaccandosi tra componente cinese e componente statunitense, il bisogno di darsi delle regole di responsabilità personale e di gruppo; la necessità di analizzare l’elemento digitale che ha reso possibile il radunarsi delle folle di contestatori nelle piazze di mezzo mondo. Sistemi massimi? Piuttosto sistemi attuali dei quali non possiamo più ignorare l’esistenza, come degli struzzi.
Alcuni personaggi di notoria fama hanno aiutato i 60 giovani presenti a capire il presente, consci della storia e aperti a un futuro che corre e che talvolta facciamo fatica a seguire. È stato il decano della Facoltà di comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana, Fabio Pasqualetti, a evidenziare la complessità del mondo digitale nella sua faccia cinica e in quella, affascinante, di apertura. Bisogna guardarlo in faccia e trovare le soluzioni “più umane” che si riescano a trovare. Anche traendo ispirazione dalle proprie convinzioni spirituali.
È intervenuto, come main speaker, Fadi Chehadé, uno degli attori più noti del mondo digitale, già Ceo di Icann, l’organismo che regola le radici, i protocolli, i domini e la sicurezza di Internet, oggi imprenditore illuminato del web e visionario della Rete, uno degli attori più attivi nel ricercare una nuova governance della Rete. Un modo originale di gestire politicamente il digitale, che contemporaneamente dia ruoli e pesi coordinati agli Stati e alle organizzazioni internazionali (che hanno da tempo perso gran parte delle loro prerogative a causa del digitale), alle imprese private che operano nel settore (che al contrario stanno sempre più rosicchiando potere alle istituzioni nazionali e internazionali con la loro diffusione transnazionale) e alla società civile, agli utenti, a chi usa il web con coscienza e visione.
Ha partecipato al forum di Trento anche Paolo Benanti, professore di teologia morale alla Pontificia Università Gregoriana ed esperto di significato etico e antropologico della tecnologia, che con la sua naturale empatia col pubblico ha allargato alla dimensione etica e filosofica il sentire del digitale e dei suoi attori. Perchè alla fine, ci ritroviamo con noi stessi, malgrado i telefonini. Pasquale Ferrara, ambasciatore italiano in Algeria, noto politologo, ha portato la sua esperienza e la sua visione geografica e politica (non solo geopolitica!) nell’ambito del digitale, che è diventato il principale agone delle relazioni internazionali, o piuttosto globali.
Il seminario ha conosciuto altresì ampi momenti di laboratorio tra i 60 giovani presenti, di 15 nazioni diverse, per elaborare proposte per coscientizzare e avviare pratiche professionali, sia personali che di gruppo. Un primo passo nella creazione di una piattaforma che lavorerà per arrivare a un “giuramento digitale” che, sull’esempio di quello di Ippocrate per i medici, appare sempre più indispensabile per non cadere in un Far West senza altre regole che il profitto, il sopruso, la violenza.
Il seminario è stato coronato da un incontro pubblico con la città di Trento, domenica 1 dicembre presso la sala del MUSE, alla vigilia dell’inizio delle celebrazioni per il 100° anniversario della nascita della fondatrice sia dell’Istituto Sophia che di NetOne, Chiara Lubich. Per l’occasione erano presenti anche Marco Gui, docente di Sociologia dei media alla Bicocca di Milano, e l’ex-deputata trentina Lucia Fronza Crepaz, che hanno aiutato i presenti a capire come vi possa essere una “cittadinanza digitale”, un modo cioè di essere cittadini usando il digitale.
Lo scorso 14 novembre papa Francesco, ricevendo la comunità accademica di Sophia, ha voluto ricordare tre parole che dovrebbero identificare tale università: sapienza, patto e uscita. Parole attualissime anche per l’iniziativa di Trento: la sapienza di cui c’è pneumatica assenza nel panorama digitale; il patto, che indica responsabilità tra persone – il digital oath appunto; l’uscita, cioè la necessaria apertura di ogni iniziativa sul web, e non solo sul web, a quella realtà che oggi è “fisica” e “digitale” nello stesso tempo.
Michele Zanzucchi