



«Li combatto a viso aperto. Ho scelto di restare nella mia terra». EN / IT
Intervista a Francesco Emilio Borrelli sulla camorra e il suo impegno politico.
Di Alexander Simoen*
Nelle ultime elezioni regionali in Campania del 20 e 21 settembre 2020, nella circoscrizione di Napoli, Francesco Emilio Borrelli ha raccolto circa 16.000 voti ed è stato rieletto come consigliere. Egli guidava la lista Europa Verde – Demos Democrazia Solidale. Da oltre 30 anni, Borrelli è stato protagonista di tante battaglie civiche, impegnato nei movimenti studenteschi, come giornalista nella società civile e come uomo politico. «Combattere inciviltà, illegalità e criminalità fino ad estirparle dal nostro territorio, restituendolo così alle persone per bene e che amano veramente la nostra terra»… queste sono le ragioni del suo impegno, che mirano a una sana convivenza nello spazio pubblico, con un’attenzione particolare per chi si trova ai margini della società. Una lotta che gli ha chiesto sacrifici e che continua ad esporlo alle minacce della criminalità organizzata. Lo intervistiamo non per appoggiare il suo partito, ma perché pensiamo che sia un esempio genuino di vocazione politica.
Guardando alla sua storia spiccano le attività nelle associazioni studentesche, l’impegno per l’ambiente, come giornalista, come uomo politico… C’è un filo rosso in tutto questo? cos’è che l’ha spinta a prendere questi impegni? E qual è l’obiettivo della sua scelta politica?
«Il mio impegno nasce da lontano, perché ho iniziato a fare attività politica alle scuole medie e superiori col movimento la Pantera e l’Associazione studenti napoletani contro la camorra. Penso che sia dovuto all’humus sociale e culturale in cui sono cresciuto, e ho una passione molto forte per l’impegno diretto nella politica e per la difesa dell’ambiente. Il mio impegno è legato anche a una rabbia che è cresciuta negli anni contro le ingiustizie di ogni tipo che vedo perpetrate dalla camorra nei miei territori. Ho sempre creduto nell’ambientalismo, l’anno prossimo saranno 30 anni che sono iscritto nello stesso partito : “I verdi”, roba da “Guinnes dei primati” in un Paese dove si cambia spesso partito. È stato un percorso fatto in modo continuo su due binari: quello dell’impegno civico-politico e ambientalista e quello della mia professione di giornalista».
Le sue attività politiche sono principalmente rivolte ai soggetti ‘vulnerabili’, che si trovano in situazioni nelle quali l’aiuto da parte della comunità è quasi indispensabile, con la finalità di garantire uno spazio pubblico sano. Penso al suo impegno per i diritti delle donne, in particolare in situazioni di sfruttamento nella prostituzione, all’insistente richiesta di trasparenza nelle procedure pubbliche, alle borse di studio per studenti, ai diritti degli animali, ai rischi ambientali e sanitari legati allo stoccaggio dei rifiuti. Perché questa focalizzazione sui vulnerabili?
«La prevaricazione porta inevitabilmente a ingiustizie e violenze. Per cui la mia scelta sarà sempre mettermi dalla parte dei più deboli. Questo non significa che il più debole sia automaticamente una persona esonerata dal rispetto delle regole. Perché in alcuni casi si dice: “io sono povero quindi posso andare a fare il criminale”. No, essere povero non significa avere una deroga nei comportamenti di rispetto sociale e rispetto del territorio. “Sono povero, posso devastare i monumenti”. Queste non sono azioni da poveri ma sono scuse per delinquenti che in nome di una finta povertà pensano di poter fare quello che pare a loro».
E per quanto riguarda i portatori di handicap?
«Penso che il nostro Paese sia particolarmente ipocrita. Ci strappiamo le vesti: “povera persona, non ha le gambe, la sedia a rotelle, poverino, come farà a camminare?” Ma a me capita quasi quotidianamente di litigare con la gente che parcheggia senza aver il diritto nei posti dei disabili o davanti agli scivoli che permettono di salire sui marciapiedi, con la solita scusa: “ma dove la metto la macchina?”. Mettila dove puoi, dove vuoi, ma non sui posti destinati ai più deboli. I peggiori di tutti sono quelli che hanno finti permessi per disabili o che prendono ingiustamente le pensioni di invalidità».
Per poter svolgere i suoi impegni lei deve affrontare il confronto con la criminalità organizzata e con una cultura che in tante occasioni ha dimostrato di essere ancora influenzata da essa. Un problema esemplare in questo senso sono i parcheggiatori abusivi: come affrontarlo oggi, in Campania?
«Per quanto mi riguarda il mio motto, su questo punto, è quello dell’ex sindaco di New York, Giuliani: “Tolleranza zero e massimo della pena”. Questo non significa che non bisogna recuperare chi si può recuperare. Ma alla gran parte dei criminali conviene comportarsi così. Ho dimostrato la violenza e la tracotanza da parte dei parcheggiatori abusivi, spesso in legame con la Camorra, che nella gran parte dei casi non sono per niente dei poveracci che devono sopravvivere alla giornata. Guadagnano anche 100–150 euro al giorno, esentasse. Vivono di ricatto alla società, ma nelle loro case hanno televisori al plasma, le scarpe firmate… Perché loro non pagano nulla e prendono tutto dalla società. Sono l’emblema di ciò che è sbagliato nella nostra terra, nel nostro tempo».
Questi suoi impegni hanno un prezzo. Lei ha sperimentato un attentato alla vita, sua madre ha ricevuto minacce, hanno dato fuoco al suo ciclomotore. Non ha mai pensato di smettere? Perché non l’ha fatto? Certamente il consenso che lei ha ricevuto alle ultime elezioni dimostra che molti cittadini hanno capito il suo impegno e la sostengono…
«Certi delinquenti, che vanno in televisione a rappresentare la “malanapoli”, come dico io, non sono veri napoletani. Sono nati per caso a Napoli, in Campania. Il mio popolo è un popolo nobile, fatto di persone che lavorano, che sono oneste e che si impegnano ogni giorno per il prossimo. Purtroppo negli anni c’è stato una grande crescita della parte delinquenziale, cialtronesca, truffaldina, imbrogliona. Io li combatto a viso aperto. Ho scelto di restare nella mia terra. Più di una volta questi delinquenti mi hanno invitato ad andare via. La mia risposta è: dovete andarvene voi, e probabilmente devono andare in galera. Non riescono a sopportare l’idea che si stia creando un movimento alternativo. Non posso dire di non avere paura, perché io ho paura di questa gente! Li temo! Sono facce cattive, facce di gente che è abituata a fare del male al prossimo, che ti odia. Gente educata ad essere cattiva ».
Lo Stato che ha fatto?
«Se c’è una grande responsabilità dello Stato, è quella di esser stato troppo debole con i delinquenti; di esser stato troppo permissivo con le famiglie dei camorristi criminali che hanno cresciuto orde di ragazzini per diventare nuovi criminali. Oltre il novanta percento dei figli di camorristi, diventa camorrista. E non ce lo possiamo permettere. Non sono andato via perché la mia vita ho scelto di viverla qui: non me ne vado io, se ne devono andare loro. È una sfida pubblica, frontale, decisa e assolutamente trasparente nei confronti dei camorristi che purtroppo la politica molto spesso non solo non ha combattuto, ma ha avuto come alleati per avere i loro voti».
Papa Francesco descrive la corruzione come “la peggiore piaga sociale, che scioglie la validità dei rapporti, corrode i pilastri sui quali si fonda una società ovvero la coesistenza fra persone e la vocazione a svilupparla, sostituendo il bene comune con un interesse particolare che contamina ogni prospettiva generale”. La corruzione e la criminalità organizzata avversano la fraternità, e ne costituiscano l’antitesi, l’esatto contrario. La fraternità e il riconoscimento dell’altro come avente pari dignità e valore costituiscono, io penso, sul piano sociale il valore capace di garantire “pace e equilibrio tra giustizia e libertà, tra diritti e doveri”. In questa prospettiva la corruzione e la criminalità organizzata rappresentano realmente “la morte della fraternità”[2]. Lei ha un commento su questo aspetto, a partire dal suo impegno politico e dal contesto in cui lavora?
«Penso che papa Francesco sia un grande papa, penso che assieme a Leonardo Di Caprio, l’attore, sia il più grande ambientalista della nostra epoca. Papa Francesco ha dimostrato che l’esempio è la cosa più importante per chi vuole essere credibile, vuole essere una guida spirituale, politica, sociale, istituzionale, culturale. C’è però un tema. Purtroppo la corruzione è ovunque. Abbiamo letto negli ultimi tempi di persone della Chiesa che, invece di fare come ha sempre detto papa Francesco, ovvero “di occuparsi degli ultimi”, facevano affari. Allora, il tema è che o la parte migliore della Chiesa, la parte migliore della politica, la parte migliore della società, cominciano di nuovo ad essere di esempio, oppure il nostro mondo, sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista sociale è destinato a morire più velocemente di quanto noi possiamo pensare oggi. Il COVID lo sta dimostrando. L’estensione, la crescita della malattia, è dovuta soprattutto all’egoismo dell’uomo, ai comportamenti di chi non si mette la mascherina perché se ne frega di contagiare il prossimo, di chi non mantiene il distanziamento sociale perché non può assolutamente rinunciare, una sera, a prendere una birra o qualcos’altro, a chi, nonostante ci fossero delle regole precauzionali ha celebrato Messa senza seguirle, contagiando i fedeli. Ecco: quella parte della società, è la parte che maggiormente sta diffondendo la malattia. Ha detto bene papa Francesco quando ha detto: volevamo fare i sani in un mondo ammalato, curiamo il mondo e quindi anche noi stessi, sennò il declino è inevitabile!».
*Alexander Simoen (Belgio), è MA in Comparative and international politics (KU Leuven) e studente LM Ontologia Trinitaria (Istituto Universitario Sophia)
[1] Barbaro, Sergio. «Corruzione giuridica e corrosione sociale». In Nuova Umanità, XXXIX, 228/2017: 11-29.
[2] Barbaro, Sergio. «Corruzione giuridica e corrosione sociale». In Nuova Umanità, XXXIX, 228/2017: 11-29.