L’innovazione tecnologica e le trasformazioni del mondo del lavoro impongono oggi una radicale revisione dei percorsi professionali, che mette in discussione non solo le performance di intere categorie di lavoratori, ma anche l’offerta formativa di istituti e centri di ricerca ai quali è affidata la preparazione dei giovani. A fronte di professioni che vengono ridimensionate, altre si fanno spazio, per la rivoluzione tecnologica in atto e la rincorsa al modello dell’industria 4.0. La digitalizzazione e la robotica reclamano specializzazione e competenze di alto profilo, per rispondere alle nuove domande poste da scenari sempre più complessi.
In questo quadro, ha ancora senso dare valore ad una formazione integrale e interdisciplinare? In quale direzione puntare per formare “teste ben fatte” e non solo “teste ben piene”, secondo la nota espressione del filosofo Edgar Morin? Di fronte ad “una pressione sovra-adattativa – sono sue parole -, che spinge a conformare l’insegnamento e la ricerca alle domande economiche, tecniche, amministrative del momento, a conformarsi agli ultimi metodi, alle ultime ricette del mercato, a ridurre l’educazione generalista, a marginalizzare la cultura umanistica”, qual è oggi il compito delle università?
Ne abbiamo parlato con Maria Stella Giannetti, responsabile dell’Ufficio Relazioni esterne e Promozione dell’Istituto Universitario Sophia.
Anche a Sophia si studiano con attenzione i cambiamenti del mercato del lavoro.
E’ un tema di grande rilevanza: sembra che il dibattito sulla formazione non conosca che il ritornello della iper-specializzazione che i giovani devono essere in grado di offrire. Eppure, numerose ricerche dicono che le richieste delle aziende vanno spesso in direzione diversa. Sia nel settore pubblico che in quello privato ciò che si chiede ad un candidato è anche molto altro e, spesso, è proprio questo “altro” a fare la differenza. Si tratta di saper esprimere una serie di capacità non tangibili e tutt’altro che tecniche: creatività ad ampio spettro, flessibilità, autonomia e spirito di iniziativa, capacità di lavorare in team, di pianificare e allo stesso tempo di affrontare l’imprevisto. Certo, le aziende chiedono che i giovani siano in grado di svolgere lavori sulla base di competenze precise, ma sul lungo periodo questo tipo di formazione non basta, mentre serve saper cambiare mansione, sapersi riconvertire e integrare in un contesto differente, misurarsi con i conflitti, saperli gestire e comporre, affrontare ciò che è duro, difficile.
Quelle che vengono definite “soft skills”… E a Sophia?
A Sophia, attraversare la soglia ed entrare nel mercato del lavoro non vuol dire solo apprendere una tecnica o una specifica funzione. Le componenti tecniche e le competenze professionali trasmesse nelle ore di lezione poggiano prima di tutto sulla qualità e sulla forza delle relazioni umane: per questo il quadro finale ha colori diversi. Il problem solving che sa valorizzare i membri della squadra, la resilienza di fronte agli imprevisti, oppure il rispetto delle persone anche quando le situazioni scottano… sono capacità che si acquisiscono coltivando una vita di relazione autentica.
Non neghiamo che la sfida sia robusta, ma proprio questo ci inserisce nell’ampio dibattito sul ruolo dell’università oggi. A nostro parere l’università ha davanti a sé il compito altissimo di concorrere a formare persone, uomini e donne che siano protagonisti del presente, non di meno. Per questo studiare a Sophia significa apprendere non solo intellettualmente, ma in maniera vitale. Vivere e studiare non semplicemente insieme ad altri, ma in relazione con gli altri.
E dopo 10 anni, qual è una prima valutazione?
Mi pare che la proposta funzioni! Certo, di fronte ad una crisi profonda e pervasiva come quella attuale, ci si può chiedere quale influenza abbia un luogo come Sophia, dove il pensare scava alle radici della convivenza per rigenerarla. E invece l’impatto è molto concreto, e proprio in uno dei mondi sociali più impegnativi com’è quello economico del lavoro. Non è un caso trovare a Sophia anche chi ha già avuto un impiego ma desidera formarsi in maniera più ampia: penso ad alcuni ingegneri che si mettono in aspettativa per studiare Scienze economiche e politiche, sapendo che il curriculum ha un impianto fortemente interdisciplinare, oppure giovani manager che decidono di iscriversi a Filosofia o Teologia.
Anche su questo sito, tanti giovani laureati a Sophia, una volta conclusi gli studi, mettono volentieri a disposizione dei loro amici e colleghi i primi risultati del loro percorso professionale. E sono testimonianze davvero molto significative!